Mario Donnini, un gualdese in Formula 1

Scritto da Mario Donnini. Postato in Storie

Abu Dhabi, interno giorno. Lucas Di Grassi, già pilota Virgin e tester Pirelli F.1, a tavola sforchetta gamberetti e infilza ricordi: «Anni fa ho scarrozzato mio padre sulla triposto Renault al Ricard, col curvone di Signes. Indimenticabile. Vedrai, oggi girare qui su una F.1 biposto sarà bellissimo».
S'aspetta un mio assenso, ma lo guardo e sto zitto. «Non capisco cosa non va...» fa lui.
Okay, vuoto il sacco.
Be' qualcosa c'è e risale a ieri.


Son lì che giro al Ferrari World, il parco a tema nel cuore degli Emirati Arabi, e mi viene un'idea: perché non salire su "Formula Rossa", le montagne russe più veloci al mondo?
In fondo simulano sensazioni estreme stile F.1, quindi potrebbe essere l'antipasto ideale al test Pirelli del giorno dopo.
Mi metto in fila giulivo sparandomi tre quarti d'ora di coda.
Poche donne e zero bambini e la cosa già m'insospettisce.
In zona partenza capisco perché.
Si sale in dodici su un vagone che ha il musetto da F.1, si percorrono dieci metri piano piano, ci si mette in posizione e poi... BLAM! Via a catapulta come se s'avesse un missile al sedere, a scapicollarsi su un salitone immenso sospeso a 80 metri nel vuoto. Il resto? Curvoni sopraelevati in discesa, con un banking che Indianapolis in confronto sembra il carnevale d'Ivrea. Dico davvero.
Il collega che è con me sbarra gli occhi, marca visita e con tono grave dice: «T'aspetto all'uscita».
Capirai, con mio nipote al luna park mi dà ansia solo salire sul Brucomela.
Accanto a me un giapponese ciccione e spiritato - che sembra essersi fumato pure la paglia delle sedie - strepita ed è fuori come una sonda spaziale.
Chiaro. Sono fottuto.

donnini f1 03Cerco contegno nel vagoncino aggrappandomi alla sbarra da pappagallo e la stringo quale unico appiglio di salvezza.
Sì, e come no.
Ecco il pre-lancio, i dieci metri lenti, in cui faccio in tempo a dirmi: fingiamo che sono già morto, poi quello che viene, tanto di guadagnat... BLAM!, diomio in 2" sono a 100 km/h e sto già male.
Mai subìta un'accelerazione così, manco quand'ho volato coi Sukhoi della pattuglia acrobatica Red Bull.
Ma che me frega? Tanto sono morto. E scopro che ho ancora margini di fifa insospettabili perché il salitone verticale, bastardo che non è altro, me li mostra tutti.
In cima, terrorizzato, per un attimo m'appare Giuliano Ferrara che canta "Baciami ancora" e poi giù, giù a capofitto nel nulla, inclinato tanto da vedere in split screen il cielo che occupa la metà verticale destra e il pianeta Terra quella sinistra.
Vi risparmio il resto: un interminabile minuto e mezzo così.
Alla fine ne esco euforico per due motivi precisi: 1) Sono ancora vivo. 2) Non lo rifarò mai più.
Ah, ecco il mio collega.
Sorrido e gli dico: «Non sai cosa ti sei perso: tutta scena. È una gitarella serena, tipo 'na serata alla bocciofila. Ripensaci e falla pure».
Poi ci ripenso io: maledizione, dimenticavo... domani ho la Formula 1.
Che ne sarà di me?
Di Grassi ascoltandomi è arrivato al caffé e sorride: «Tranqui, i primi 5 secondi del rollercoaster di Abu Dhabi sono di gran lunga peggiori della F.1. L'ho provato. Ma sulle montagne russe non può succedere nulla. In F.1, a 300 all'ora, chi sbaglia muore».
Ah, ecco.

Mi fumo una bionda, Di Grassi no e continua il briefing: «Girerai con Petrov sulla parte nord del circuito da Gp, 3125 metri, con 1,2 km di rettifilo.
Farai un outlap di lancio e un flying lap a pista asciutta e temperatura ideale, quindi supererete i 300 orari.
Di quanto lo scoprirai alla fine.
Ti meraviglierai di tre cose: velocità di punta, potenza di frenata e velocità in curva.
Per capire se Petrov fa sul serio, t'insegno un trucco.
Dopo il rettifilo principale, alla curva 3, stacchiamo in qualifica a 100 metri e in gara a 120.
Se Vitaly frenerà a 200, vuol dire che va solo di fretta, ma se stacca a 150 metri, credimi, non passeggia affatto.
Buon divertimento».

 

Petrov mi sorride: «Guarda che andrò a tutta».
Be' - gli butto là - starti dietro a Abu Dhabi ormai è un classico.
Alonso a fine 2010 ci si è giocato un mondiale, io non avrò niente da perdere...
Toh, sentita questa, ride pure tovarish Vitaly.
Gli chiedo dov'è la sua manager, lui dice che sta a casa e aggiunge che s'è rotta una gamba perché la vita a volte è pericolosa.
Ardaje.
Ehm, andiamo va'.

donnini f1 02Sono alto (okay, alto è una parola grossa) 165 cm per 69 chili e nell'abitacolo numero due della F1x2 ci sto a pennello.
Complimenti al sarto.
Venti centimetri davanti a me, un muro in carbonio che s'appuntisce verso il cielo incorniciandosi di bianco e diventando il roll bar di Petrov.
Le gambe oltre metà femori non le vedo più, ingoiate da due buchi là in basso.
Sto bene. È una vita che sogno di provare una F.1, stavolta prevale la mia parte bambina e un bambino non ha paura.
Mi sento carezzato dall'idea, mentre Vitaly là davanti sta scherzando con le mie tibie che alloggiano sotto i suoi gomiti.
Infilo tappi auricolari color fucsia che renderebbero perplessa perfino Platinette, poi sottocasco, casco e guanti, lasciando la visiera aperta per gustarmi il momento.
Il film aumenta i fotogrammi al secondo, con i sei meccanici che si fanno più frenetici.
Mi mettono le protezioni di schiuma a lato abitacolo, tolgono le termocoperte ed ecco che vedo il battistrada del Cinturato Pirelli Full Wet.
Vitaly alza il braccio, rotea l'indice segnalando l'accensione-motore e dietro di me odo il ronzio dell'avviatore.
Poi WHAM, WHAAAM!!!
Sentilo come ruggisce, il 10 cilindri Cosworth.
Sorrido e basta, mentre la F1x2 va giù dai martinetti.
Un'accelerata decisa e siamo già al primo rampino destra-sinistra.
Le cinture a sei ancoraggi mi murano, le sollecitazioni non danno fastidio.
In uscita il motore stenta appena a prendere i giri, ma quando addenta il rettifilo inizia il concerto più bello cui ho mai assistito.
La F.1x2 divora un meraviglioso seconda-terza-quarta-quinta-sesta, con i trattini della frase che nella realtà son pause di cambiata da 30 millisecondi ciascuna.
Siamo già a una velocità inimmaginabile per qualsiasi ragionevole zia, quando mi rendo conto che da una F.1 biposto si riesce benissimo a vedere davanti. Il roll bar là di fronte impiccia, ma è come quando al cinema ti si mette davanti una col capello cotonato: basta spostarsi obliquo ai lati e ti gusti lo show.
Occhio a bordo pista, ora, ai cartelli neri con scritte bianche che indicano la distanza dall'approccio curva.
Duecento metri. Petrov ha frenato tranquillo anche se da qui tanto tranquillo non direi.
La curva ha due apici sinistrorsi, poi una piega stretta ci immette sul rettifilo di partenza del Gp.
Lieve bloccata e vedo la nuvoletta di fumo dalla ruota, poi sento odore di bruciaticcio.
Sinistra, poi ancora a sinistra e destra, stabili sul misto come su un binario in cui Petrov fa cambi direzione secchi, i classici "kerb to kerb very aggressive" di uno che qui guiderebbe a canna anche a occhi chiusi.
Wow, ora il giro 2, lanciato.
I tornantini rimandano il motore giù di giri ma stavolta il rettilineo lungo viene polverizzato.
Il Cosworth V10 urla disumano.
Al confronto, lo sferragliare del vagoncino sul rollercoaster faceva schifo, mentre un 3500 che latra selvaggio pare una faccenda diversa, è otite fatta poesia, colonna sonora d'una cultura, l'andante allegro e inorgogliente della civiltà delle corse.
E i tappi non aiutano: mi sembra d'avere un trapano torturante nelle orecchie, i timpani mi fanno male, ma chissenefrega, non sono mai stato vivo come adesso.
Occhio ai cartelli di frenata, ora. Vitaly è in pieno.
Scorgo il segnale dei 200 metri dalla curva: niente, tira ancora a tabella.
Siamo verso i 150, ma, boh, noi pieni peggio di prima.
La strada è una V maiuscola rovesciata e a 150 metri passati Petrov pesta il freno - ehm, "deciso" è dir poco - e il mio collo si allunga come a una musa di Modigliani.
Si sta come quando su una moto da corsa grippa il motore e s'inchioda, solo che qui funziona così e basta.
Fiiuuuu, però... Il resto del giro, il problema è mio: sono in debito d'ossigeno.

donnini f1 01Sto bene ma meno male che è finita.
Scendo e Marco Tronchetti Provera, presidente Pirelli, mi chiede: «Allora, com'è andata? Sai che ho voglia di provarla anch'io?».
Poi la notizia: siamo andati a 309,116 km/h di velocità di punta.
Mi aspettano due notti da sveglio, con l'adrena-lina ancora in circolo, e un sorriso bambino, nascosto dal buio.
L'unica paura dopo quest'assaggio di F.1? Se proprio vogliamo sottilizzare, solo quella di non rifarlo mai più...

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