Adolfo Leoni - L'uomo e il campione
Forse non tutti sapranno che Adolfo Leoni, uno dei più grandi ciclisti italiani di tutti i tempi, è originario di Gualdo Tadino. Infatti, proprio nella città della ceramica, il 13 gennaio 1917 nasceva “il bell'Adolfo”, come sarà poi chiamato dalla stampa nazionale.
Dopo aver trascorso la sua infanzia a Gualdo Tadino, si sposta a Rieti e proprio lì comincia la sua carriera da ciclista che lo porterà ad essere uno dei più grandi e vincenti di sempre.
Carriera che comincia quasi per caso: una sera suo padre, tornando dal lavoro, porta a casa la notizia che si sarebbe svolta una gara ciclistica per i figli dei ferrovieri. Adolfo non avrebbe potuto partecipare: ci volevano almeno 15 anni compiuti, mentre lui ne aveva 14. Alla fine, però, prende parte alla contesa e, ovviamente, vince.
A 17 anni arriva una sorta di investitura ufficiale: allievo della Sportiva Rieti. Il talento di Adolfo Leoni sboccia definitivamente: alla fine saranno più di cento le vittorie. Addirittura, durante una stagione, si aggiudica quattro gare in una settimana.
Nel 1937, il primo grande trionfo: il Campionato del Mondo Dilettanti, che gli valse pure la Medaglia d'Oro al Valore Atletico.
Si afferma come velocista, “e che velocista. Battezza sempre la ruota giusta, sa quando può vincere tanto da invitare per l’occasione la moglie Maria Luisa a vederlo. Talento e fisico da campione, bello come il sole, Adolfo Leoni tra la fine dei Quaranta e i Cinquanta è una vera star. Tanto che il matrimonio nel 1947 causa problemi di ordine pubblico, nonostante sia celebrato nella piccola e decentrata Cremona” (Federico Meda).
Nel 1942 trionfa alla Milano-Sanremo. Prende parte per ben nove volte al Giro d'Italia, conquistando la bellezza di diciassette tappe. Nel 1949 indossa la maglia rosa per otto giorni consecutivi (di quel Giro e del suo passaggio a Gualdo Tadino ne parliamo a parte), salvo poi perderla durante una tappa mitica. E’ la frazione numero 17 di quel Giro, passata alla storia: la Cuneo-Pinerolo. Forse i 254 km più belli, intensi ed epici di tutta la storia del ciclismo, con delle salite mozzafiato una dietro l'altra (Colle della Maddalena, Izoard e Sestriere).
Leoni, durante quel tappone alpino, abdica a favore di Fausto Coppi, che vince in solitaria dopo più di 9 ore, dando quasi 12 minuti a Bartali e addirittura mezz'ora al ciclista gualdese, che comunque arriva eroicamente quarto.
Il suo palmares conta tantissime altre vittorie: un Giro del Veneto nel '39, un Giro del Lazio nel '41, la Tre Valli Varesine nel '45, il Giro del Piemonte nel '49 ed il Giro dell'Emilia nel '42 e nel '46.
Si ritira nel 1951. Una volta appesa la bicicletta al chiodo, Leoni dapprima aprì un negozio per ciclisti a Milano, poi continua a seguire il suo sport con molta riservatezza, diventando in seguito manager di sua moglie, soprano di fama internazionale.
Il 19 ottobre 1970, a Massa, un infarto lo colpisce nella sala d'aspetto del celebre cardiologo Azzolini in attesa di essere visitato. Leoni muore a soli 53 anni.
Dalla sua unione con Maria Luisa Cioni ebbe due figli, Roberto e Paola. Abbiamo raggiunto Roberto Leoni, che ha ricordato con noi la figura di suo padre, prima uomo che atleta.
Figlio di un grande ciclista e di una famosa cantante lirica: pensa di aver avuto una infanzia e una vita segnata da due genitori così conosciuti?
La mia vita, a differenza di quella dei miei genitori, si è svolta con i ritmi e gli accadimenti della gente comune. Io e mia sorella abbiamo cercato di condurre una vita basata su valori che abbiamo sempre condiviso, così come insegnatoci con le parole e con l'esempio dalla nostra famiglia. Per quanto mi riguarda, sono da poco in pensione; prima ero dirigente di una importante azienda di credito. Ora impegno gran parte del mio tempo sempre per la famiglia, seguendo principalmente la crescita dei miei tre nipotini , mentre nel tempo libero la mia grande passione è la fotografia, alla quale cerco di dedicarmi seriamente. Come dicevo sono figlio di due personaggi di spessore e questo, senza dubbio, in qualche modo ha influenzato la mia crescita. La loro celebrità è sempre rimasta, per quanto possibile, chiusa fuori dalla nostra porta di casa, ma vivere certi momenti ti fa capire di non avere due genitori “normali”..
In che senso?
Ad esempio: quando ti capita, da bambino, di andare con tuo padre al Vigorelli (il celebre velodromo di Milano, ndr) e vedi che non riesce a fare nemmeno un metro perché viene fermato da tantissima gente o per un autografo o per una stretta di mano, oppure a teatro vedi centinaia di persone che scattano in piedi applaudendo tua madre che ha appena finito di cantare... beh allora ti rendi conto subito di avere genitori un po' speciali. Incontri personaggi celebri dello sport, dello spettacolo ed in qualche modo ti abitui a vederli non come personaggi, ma come persone. Anche oggi è così.
Si dice sempre che suo padre è ricordato più per l'uomo che per l'atleta che era. Si può dire che sia veramente così?
Mi porto sempre dentro il rimpianto di non averlo avuto accanto quando sono divenuto uomo e non avere così potuto parlare con lui con la consapevolezza di un adulto. Mio padre era un uomo dotato di una grande modestia, come tutte le persone di grande intelligenza. Non l'ho mai sentito vantarsi delle sue imprese ed è sempre stato molto schivo a riguardo. Gran parte delle cose che so di lui, come sportivo, le devo al racconto di altri. E di questo un po' mi dispiace. Era un uomo colto, elegante, molto affascinante, dotato di una grande empatia. Riusciva ad avere rapporti spontanei e calorosi con molta semplicità, e questo valeva con tutti: sia gente umile che grandi personaggi. Era un uomo molto onesto e schietto, non amava i compromessi e credo che questo, in qualche modo, l'abbia spinto a starsene fuori da impegni ufficiali nel mondo dello sport . Seguiva ovviamente le gare, manteneva rapporti con amici del suo mondo, ma ci faceva partecipare molto marginalmente; credo fosse appunto per la sua modestia.
Quali sono i ricordi più belli che si porterà dietro per sempre?
Al di là del Leoni campione, quello che più rimane impresso dentro di me della memoria di mio padre sono la sua serenità, il suo sorriso e la sua grande signorilità, tutte qualità rimaste intatte fino all'ultimo giorno; spesso penso a quanta sofferenza potesse esserci dentro di lui, mentre sentiva il suo corpo indebolirsi di giorno in giorno e sapendo che ci avrebbe lasciati. Ma mai una volta l'ho sentito lamentarsi o perdere il controllo, pur in quella situazione. Credo si possa capire perché per me mio padre è stato soprattutto uomo, prima che campione.
Nella sua carriera Leoni si è tolto tante soddisfazioni, anche se in quegli anni brillavano le stelle di due mostri sacri come Bartali e Coppi. Questo può aver messo un po' in ombra le sue imprese?
E' vero, in quel periodo correvano i più grandi campioni della storia del ciclismo, ma la sua carriera, pur brillante e costellata da tantissimi successi, fu condizionata anche dallo scoppio della seconda guerra mondiale; quegli anni coincisero con gli anni migliori della sua vita nei quali avrebbe potuto mostrare in maniera ancor più eclatante le sue doti di campione.
Oggi il ciclismo è profondamente diverso da quello di 60-70 anni fa
Quello era un mondo nel quale, come raccontava mio padre, agli esordi della carriera ci si recava alle gare partendo da casa in bicicletta, senza alcuna assistenza. Leoni ottenne di essere accompagnato in auto da un suo amico solo dopo molte vittorie. Si respirava un'atmosfera ben diversa dalla attuale; allora il ciclismo era lo sport più seguito dagli italiani, basta leggere i titoli della Gazzetta dello Sport di quegli anni. Perciò “il Tyron Power in bicicletta”, nonostante la sua innata semplicità, divenne presto un personaggio, dominando la scena sia per le sue imprese, sia per la sua eleganza, il suo fascino e la sua cultura, che non abbondavano nell'ambiente in quegli anni.
C'è qualche aneddoto da raccontare?
Lui non parlava mai di se stesso, quindi non ci sono storie particolari da raccontare. Quello che invece mi ha sempre colpito è che le persone, sia quando era vivo che dopo, mi hanno sempre parlato di lui con grande piacere, ricordando tutte le sue doti umane e soprattutto la sua correttezza e signorilità. Come vedete una cosa emerge sempre dal ricordo di mio padre: pur essendo stato un grande campione, ci si ricorda di più dell'uomo e questo è uno degli insegnamenti fondamentali che mi porto dentro e che voglio trasmettere a chi viene dopo di me.
Adolfo Leoni e Gualdo Tadino: che legame c'è tra suo padre e la sua città natale?
Gualdo Tadino per mio padre è stata sempre una parte importante della sua vita, insieme ovviamente a Rieti, dove ha vissuto gran parte della sua gioventù. Io purtroppo per evidenti motivi legati ai casi della vita, non ho potuto frequentare molto Gualdo, che però rimane nel mio cuore. Quando ne sento parlare mi si accende sempre un fuocherello nel cuore. Ho avuto nel tempo rapporti con la famiglia di Serafino Cecconi, grande amico di mio padre, a lui ed a suo figlio Francesco va sempre la nostra gratitudine per aver voluto mantenere vivo il ricordo di mio padre a Gualdo.
Lo stesso Serafino Cecconi, in virtù della grande amicizia che lo legava ad Adolfo Leoni, gli intitolò il Velo Club Gualdese.
Adolfo Leoni è un patrimonio importante per tutta la città di Gualdo Tadino e per i tantissimi appassionati di ciclismo che popolano la nostra città e le nostre zone. Il fatto che sia ricordato in modo così positivo per le sue imprese in sella, oltre che per la sua vita quotidiana, deve renderci orgogliosi di averlo come concittadino.
I greci, in questi casi, usavano l'espressione “kalos kai agathos”, ovvero “bello e buono”.
Una unità di bellezza estetica e di valori morali che ben si addice al “Bell'Adolfo”.