L'audace colpo dei diabolici gualdesi

Scritto da Mario Donnini. Postato in Storie

Diabolik mi buca minaccioso coi suoi occhi grigio-metallico e per prendere coraggio cerco lo sguardo del mio barbiere.
Ma lui sta peggio di me.
Davanti a noi tre, macchine e camion sventagliano senza sosta nella nebbia lattiginosa d'una mattina fredda come una moglie stufa...

Siamo nella piazzola di un autogrill della Val di Chiana, in attesa del colpo della vita.
Nessuna certezza, tanto timore, un solo punto fermo.
Qualsiasi cosa accadrà, se ne usciremo vivi, racconteremo quest'incredibile storia a tutti solo dopo tanti anni. Diciamo tredici.
Perché l'Inafferrabile Criminale in calzamaglia è come l'ufficio entrate: non perdona chi parla troppo presto.

Non so dove mettere il cervello e per smaltire la tensione ci gioco, lo faccio tornare indietro, quasi fosse il tasto rewind d'un videoregistratore, a un mese prima, quando tutto è cominciato.

diabolik-02Gualdo Tadino, Barbieria Cappelletti, sera inoltrata.
Marcello gratta la mia giugulare con un rasoio serramanico a lama lunga, poi si ferma, mi guarda e pensa chissacosa. Stiamo parlando dei fumetti scollacciati che un tempo rendevano leggendarie le barbierie e lui alza il Braun fino a che il metallo sottile riluce, come se il coiffeur stesse per sferrarmi un colpo mortale, che però arriva sotto forma di domanda: "Mario, io leggevo pure robba seria: el sai che io c'ho il numero uno de Diabolik?".

Deglutisco interdetto, ci penso un attimo e sorrido: "Marcello, su, il numero uno di Diabolik non esiste".
E lui: "Esiste, io da giovane l'ho comprato a Fabriano, l'ho tenuto quasi quarant'anni da conto, adesso è di sopra e lo vuole per giocarci mio nipote".

Okay, parliamone.

Mi cavo l'asciugamano, accendo una Marlboro e divertito gli parlo chiaro: "Senti, voglio dire, quel fumetto è una leggenda.
Uscì nel novembre del 1962 in poche migliaia di copie, distribuito nel nord Italia.
Fu un fiasco.
Vendette pochissimo, il successo del personaggio esplose l'anno dopo.
Al mondo ne esistono rarissimi esemplari e tutti sottochiave, in mano a collezionisti.

Una volta a Bologna un critico letterario con le lacrime agli occhi mi svelò che suo padre, di mestiere furgonista addetto alle rese stampa, una sera gli aprì il camioncino e gli disse di tirar giù un po' di copie di un fumetto invenduto che andava al macero: era il numero uno di Diabolik.

Il ragazzino vide in copertina quel mezzo matto in calzamaglia nera, arricciò il naso e disse no.
Ne avesse tirata giù una cassetta piena, la sua vita sarebbe cambiata per sempre.
Chiaro, il concetto? Ecco, quello è il Sacro Graal del fumetto italiano, ne esistono tredici ristampe, più innumerevoli falsi.Poche persone al mondo hanno avuto la fortuna di tenere in mano una copia dell'originale".

"Chiaro - fa Marcello -. Però, scusa, tu discorri e discorri, ma sae bono a capi' se io c'ho l'originale?".
"Certo che sì - gli rispondo - mi bastano venti secondi".
"Allora è meglio che te'l'vo a pia', perché il nipote c'ha voglia de colorallo col pennarello".
"Sarebbe un delitto peggio di quelli di Diabolik - puntualizzo -. Va bene, ma fa presto, sennò mi si secca il sapone".

Marcello sparisce dietro la porta in pino svedese della sua vecchia barbieria e lo scalpiccio dei suoi passi sulle scale me lo rende tenero.
Non l'avevo mai visto né sentito sognare.
Di solito era lui che faceva sognare me.

Perché negli Anni '70, quando ero bambino, il suo negozio per il sottoscritto e migliaia di gualdesi era il covo casto del peccato, un'innocente porta verso il proibito. Di certo un luogo da favola per un puero implume qual ero, caldo dei primi bollori di testosterone.

Donne mezze nude alle pareti, fumetti scapricciati a go-go e un'imperiale collezione di PlayBoy a disposizione. E, racchiusa in uno scaffale, una vasta miscellanea di settimanali hard, che però non avevo coraggio di andare a scartabellare.
Ma ricordo che c'era un vecchio, tal "Besello", che trascorreva serate intere in barbieria leggendoli riga per riga con un'espressione tra l'avvinto e l'impassibile e un rigore quasi filatelico.

E poi, a un certo punto della serata, arrivava il monumentale Alfonso Carini, avvolto in un immenso mantello nero sormontato da barba rinascimentale a incorniciare occhialetti marxiani.
Un tipo affascinante.
A volte entrava e parlava in latino e francese, altre volte, evidentemente incazzato, bestemmiava scagliando al cielo contumelie mai sentite prima, una diversa dall'altra, a dipingere una furia terribile ma dignitosa, quasi patrizia.
Oppure entrava e si limitava a declamare una poesia con pause sceniche alla Vittorio Gassman, per poi sparire nella notte.

Una sera chiese a Marcello un po' di fumetti spinti per un tale della Pisciarella che altrimenti minacciava di ghermire la collezione delle copertine dei romanzi di Urania di Alfonso.
Roba da matti.
Eccitarsi coi disegni metafisici e spettrali dei romanzi di Isaac Asimov e Philip Dick equivale ad avere il profilo del serial killer - penso tuttora rabbrividendo.

Quale che fosse la sua fiammeggiante prolusione, le parole del commiato di Alfonso, suonato il vespro, eran sempre queste: "Alfine prendo licenza da lorsignori, giacché è l'ora di tornar tra le coltri, al patrio ostello".

Come facevi a non innamorarti di un posto e di gente così?
Sì, di un posto nel quale a ogni Natale Marcello faceva omaggio ai clienti d'un calendarietto profumato e microscopico ricco dell'imago mortalis di veneri lussuriose dagli sguardi lascivi e carichi di promesse. Diciamolo: Marcello Cappelletti è fedele marito, padre, e nonno specchiato, di mestiere fa il figaro e quest'ultima parola è anche l'astuccio che contiene l'altra sua innocente missione divulgativa.

Anche per questo io a Marcello medesimo resto per sempre debitore d'emozioni.
E ora che lo sento scendere le scale con quel volumetto in mano, non lo deluderò.
So di certo che mi mostrerà una ristampa da due lire, ma su quella pillola amara che dovrò somministrargli per disilluderlo, spalmerò una montagna di zucchero, perché lo merita.

diabolik-03"Eccolo, il mio numero uno di Diabolik" - fa lui con un entusiasmo che mi sembra ingenuo e un po' struggente, porgendomi in mano l'albo, che a prima vista appare immacolato.


Okay, vediamo un po': esistono tredici indici marcatori dell'originalità del pezzo.
Data pubblicazione, 1 Novembre 1962.
Il disegno di copertina è su sfondo bianco, il prezzo di 150 lire racchiuso in un cerchio giallo.
La costola è azzurro di tonalità scura, ha il numero bianco su sfondo rosso, e solitamente è leggermente arrotondata.
La seconda e la terza di copertina sono bianche.
E' privo del tradizionale frontespizio (o splash page) all'inizio dell'episodio, che inizia subito secco con la storia. Indice in ultima pagina.
L'albo risulta leggermente più piccolo di tutti i numeri successivi di circa 0,5 cm per lato.
La numerazione delle pagine è assente, sono numerate le tavole.
"IL FUMETTO DEL BRIVIDO" in copertina è scritto con caratteri gialli, là dove la ragazza che urla, tra i capelli ha la firma quasi invisibile di colui che l'ha disegnata: Brenno Fiumali.
Questa versione del primo albo di Diabolik è stata disegnata da Zarcone, disegnatore semisconosciuto soprannominato "il Tedesco", misteriosamente scomparso per sempre dopo aver consegnato la storia.

Marcello ora mi guarda tra l'interrogativo e il divertito.

Ho gli occhi sbarrati, con l'asciugamano mi tolgo il sapone dalla faccia, con metà della barba ancora lunga. "In nome del cielo - gli dico - inchiava tuo nipote nella stanza delle scope e togli questo tesoro dalla vista di chiunque. E' l'originale!", confermo. "Scusa, Marcello... sì, scusa dei dubbi, della prosopopea, della mia poca fiducia, di tutto...".

Il barbiere tranquillissimo guarda Diabolik in copertina e poi me: "Senti, sta succedendo tutto in fretta, ma la situazione adesso è cambiata e mi sembra questa: io da solo non avrei mai capito di avere una cosa che valeva e comunque ora non saprei come fare.

Facciamola corta: se riesci a trovare un compratore, metà della cifra che incasso è tua. Qua la mano".
Non faccio in tempo a porgere il palmo, che Marcello stringe.

Il resto diventa prassi.
Sui fumetti da collezione ho sempre speso e mai guadagnato, mi basta fare tutto a rovescio per sapere qual è la strada giusta.

Per farla breve, dopo dieci giorni individuo il possibile compratore ideale. Un commerciante di Lucca, il più bravo, ricco e serio a prendere parte alla semestrale mostra del Fumetto al Palanord di Bologna.
La pre-trattativa telefonica è breve: "Donnini, io ho già un acquirente finale al quale passare l'oggetto. E' sicuro di non prendermi in giro?". "Perché dovrei?" gli ribatto. "Bene, allora non faccia il furbo e non giochi al rialzo. Se capisco che sta facendo l'asta cieca tra me e un altro, io esco dalla cosa".
"Noi trattiamo solo con lei, a patto che dica da quante cifre parte la sua offerta, che conosceremo nel dettaglio solo quando avrà analizzato il pezzo. Se sono quelle giuste, lei sarà il solo".
Segue il numero delle cifre, che a sentirlo mi stacca la polvere dalla cornetta.
"Okay - butto là - dove e quando?".
"In un'area di servizio della Val di Chiana. Sabato prossimo".
"Intesi".

"Sabato prossimo io in Val di Chiana? - Marcello scuote la testa -. Ma sei scemo? Un barbiere non chiude mai di sabato.
Sarebbe la prima volta della mia vita... No, non ci vengo, vacci tu solo. Di te mi fido".
"No, caro, devi venire a tutti i costi - ribatto -. Primo, perché abbiamo fatto tutto in due e, secondo, perché guadagnerai più con me sabato prossimo che in tutti i sabati di quest'anno solare. Discorso finito".
"Va bene, comunque si mogliema stavolta me pia da matto, ha solo ragione".

diabolik-01Poche storie, siamo alla resa dei conti.
Io, Marcello e Diabolik che occhieggia dalla copertina, ad attendere un fuoristrada nero, all'ora pattuita, presso la stazione di servizio.

La macchina arriva silenziosa.
Cromatissima e dai vetri fumé.
Scendono due tizi, uno alto e magro, l'altro basso e corpulento. "Toh - sussurra Marcello -, quello secco pare Dylan Dog".
E' il figlio del commerciante.
Il capofamiglia ci dà la mano e finiamo tutt'e quattro al tavolo del bar.

"Bene, è il momento di vedere la merce" - dice il boss. Marcello mi guarda. "Vai", gli dico. Diabolik fa capolino e gli occhi grigi del re dei criminali sembrano quasi infastiditi di tutto quest'interesse indiscreto su di lui, così lontano dai suoi soliti rifugi.

Il tipo prende in mano l'albo e lo guarda come un chirurgo scruta una lastra. Sta scorrendo gli indici marcatori dell'autenticità. Fai pure, caro.
Mi guarda senza emozione: "Donnini, è stato di parola. Il pezzo è originale. Anzi, forse".
"Non dica sciocchezze", gli dico sorridendo.
"No, zitto. Ora la prova decisiva".
Solleva il fumetto, chiude gli occhi e lo annusa. Marcello mi guarda allarmato, sussurrando col labiale: "Ma que, testo è matto?". Non so che dire.

"Signori, ci siamo - fa il tipo -. E' il suo odore. Siamo di fronte al ritrovamento di un numero uno di Diabolik in perfetto stato di conservazione. Mai vista una cosa simile".

Il sorriso amplissimo e liberatorio di Marcello ora farebbe temere una sua imminente lesione orale. "Bene - aggiunge il fumettaro - andiamo alla macchina per la trattativa".
Siamo davanti al portellone posteriore, che giace orizzontale davanti a noi come un tavolo da roulette.
Sulla destra c'è il fumetto, mentre a sinistra il tale fa cadere un mazzo di banconote così gonfio e sfacciato, che sembra tratto da una storia di narcotrafficanti colombiani.

Padre e figlio si scostano mettendosi a parlottare, io e Marcello restiamo silenti con le mani in tasca, fino a che lui mi fa sussurrando: "Ae visto? Tésto va in giro coi soldi spicci legati co' lo spago della lonza".

E' il momento della verità.
Il tale scioglie il filo e dice secco: "Ecco sedici milioni di lire (circa 8mila euro di oggi, ndr).
Se ci stringiamo la mano, sono vostri".
Guardo la copertina del fumetto e scorgo il volto della donna che teme d'essere pugnalata da Diabolik.
Poi incrocio gli occhi di Marcello: quelli della femmina sembrano meno sgomenti delle pupille del barbiere. E con la mano destra mi fa cenno che va bene così. "Okay, ci stiamo".

"Qua la mano e andiamo a fare colazione" - chiude il commerciante. L'altro, Dylan Dog, al barista chiede un caffè e Marcello se ne esce con una battuta che ricorderò: "Cocco mia, dopo tutti i solde che m'ae dato, el caffè piélo corretto e mettece anche 'na pastarella".
Ridiamo tutti e pure il barista, che ha capito al volo.

In macchina, al ritorno, stiamo zitti per un pezzo.
Poi, verso Valfabbrica, Marcello dice qualcosa e pure quel che segue non lo dimenticherò, anzi, fareste bene a ricordarlo anche voi: "Otto milioni de lire per uno... mbè, so' tanti, ma sai che te dico? Non me ne importa. Io ce fo un bel regalo al nipote e so contento de dattene altrattanti a te. E sai come va a fini'? Che tra un po' ce li saremo spesi tutti e allora capiremo che la vera parte preziosa è stata 'sta bella storia che ce semo vissuti insieme.
E adesso prometteme che un giorno la racconteremo da tutta Gualdo".
Promessa mantenuta, amico mio.

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