Angelo Barberini, un personaggio unico

Scritto da Claudio Crespini. Postato in Angelo Barberini

La mia storia calcistica nel professionismo iniziò con Angelo Barberini.
Ci conoscemmo ai tempi in cui ero direttore sportivo dell'Urbino.
Lui presidente di un Gualdo già ambizioso, che voleva fortemente la serie C.
Avevamo fatto insieme alcuni affari: gli avevo venduto prima Pupita, poi Pierangeli e quindi Fulgini, giocatori che divennero protagonisti di una squadra che più volte arrivò ad un passo dal professionismo.
Alla fine "acquistò" anche il sottoscritto, probabilmente perché in me riconosceva la capacità di scovare giocatori nelle categorie inferiori.

Fu immediatamente un connubio felice e fortunato.
Sin dal primo anno centrammo l'obiettivo della serie C2 nello spareggio con L'Aquila, arrivato al termine di una bellissima cavalcata.
angelo barberiniSono trascorsi venti anni, ma in me resterà sempre indelebile il ricordo di un grandissimo affiatamento.
Io ero abile nel trovare talenti, lui eccezionale nel condurre e chiudere le trattative.
Ci capivamo al volo, con un semplice sguardo.
Per questo riuscimmo a costruire squadre importanti, ma soprattutto con dei valori, con le quali vincemmo due campionati quasi consecutivamente, lottando più volte per la serie B e sfiorandola nell'indimenticabile spareggio di Pescara davanti a  quattromila gualdesi.
Non riuscimmo per un soffio a portare il Gualdo nella cadetteria anche se in quelle circostanze non fu soltanto la sfortuna il nostro nemico, ma anche qualcuno che ci mise i bastoni fra le ruote.
Un vero peccato, perché la forza trascinante di Angelo Barberini avrebbe sicuramente permesso di mantenere la categoria per diversi anni.
Quel Gualdo, paragonato ai valori attuali, oggi stazionerebbe tranquillamente nella parte sinistra della classifica della serie B.
Rispetto al livello tecnico di quindici anni fa, infatti, il calcio italiano ha perso almeno un gradino.

Il segreto di quella squadra era la grande progettualità.
Entrambi capimmo l'importanza di puntare su giovani talenti affiancati a uomini di esperienza.
Seguivamo tantissimo il campionato Primavera andando poi a pescare bene in quel serbatoio.
In questo fu di grande importanza la collaborazione con Inter, Torino e Parma.
Con l'Inter in particolare il rapporto fu da subito molto stretto. Iniziammo con il prendere Renzo Tasso, allora capitano della Primavera.
Proseguimmo l'anno seguente con Di Napoli, Conticchio e Di Sauro.
Poi altri ne arrivarono negli anni successivi.
Come dimenticare il primo incontro con Sandro Mazzola? Aveva assunto l'incarico di direttore sportivo dei nerazzurri, subentrando a Giampiero Marini.
La simpatia fu immediata, ovviamente grazie al presidente Barberini. Ruppe il ghiaccio con una battuta: "Ci deve trattare bene. Qui siamo tutti interisti".
Al che aggiunsi: "Quasi tutti... io sono granata".
E Mazzola: "Il Torino va bene lo stesso".
La risata che ne seguì saldò non soltanto una collaborazione importante con i nerazzurri, ma da essa nacque anche una grande amicizia, che proseguì anche quando Sandro passò nello staff dirigenziale del Torino. Mazzola si mostrò subito una persona di una grandissima serietà.

L'Empoli, società con trascorsi in serie A e B, provò a farci lo sgambetto tentando di accaparrarsi i tre ragazzi, ma il dirigente nerazzurro mantenne la parola data senza il minimo ripensamento.
Ma cosa aveva di così affascinante il Gualdo tanto da dover stregare giocatori e allenatori di livello? La società e la città stessa erano particolarmente ambìti.
Tutti avevano capito che da noi si poteva fare calcio in maniera tranquilla, lontano dalle distrazioni ma, più che altro, si aveva a che fare con una società di "puri", non legata a nessun carro.
A inizio anno ci sedevamo con quindici procuratori diversi, al contrario di altre società che invece si affidavano a uno o due.
Questo modo di fare invogliava gli addetti ai lavori a venire a Gualdo, perché conoscevano la solidità economica della società e sapevano che non c'erano canali preferenziali nella scelta.
Le uniche discriminanti erano infatti l'impegno e la dedizione alla causa.
Angelo Barberini aveva poi dalla sua l'intuito tipico dei grandi condottieri.
Capiva gli uomini e li sceglieva, soprattutto quando si trattava degli allenatori.

Poi era bravissimo nel chiudere le trattative.
In poco tempo il Gualdo era diventato una delle big della serie C perchè il suo carattere vincente lo portava a trattenere i giocatori forti, sebbene richiesti da squadre importanti.
Da una parte aveva l'animo dell'imprenditore e capiva quando era il momento di vendere, dall'altra la passione sportiva lo frenava.
In un momento in cui il calcio faceva numeri importanti, questo tergiversare faceva sì che il prezzo dei giocatori si alzasse.
Così riuscimmo a fare ottimi affari.
Il nostro fiore all'occhiello dal punto di vista economico fu l'operazione legata a Arturo Di Napoli, che acquistammo per cento milioni di lire rivendendone la metà per un miliardo.
Anche Conticchio cedemmo per un miliardo.
L'ossatura della squadra però non fu mai toccata. Luzi e Costantini, che con il Gualdo si consacrarono pur provenendo dai dilettanti e sui quali ogni anno piovevano richieste, insieme a elementi come Del Giudice, permettevano di valorizzare i giovani e garantivano la continuità.

Angelo Barberini era un padre-padrone nel senso buono del termine, che alla stoffa dell'imprenditore riusciva a unire una grande umanità e una grande passione .

Io un personaggio così non l'ho mai più rincontrato nel mondo del calcio.

Forse oggi l'unico che gli si avvicina è Massimo Moratti, che ho avuto modo di conoscere personalmente: lui vive l'Inter come Barberini viveva il suo Gualdo.
Solo che Moratti i suoi sogni li ha realizzati tutti. Angelo ne ha visti concretizzarsi sì tanti, ma quello del Gualdo in serie B è rimasto dentro il cassetto.
Mi raccomando: non chiudetelo mai a chiave.

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