Franco Iovino, il cacciatore di talenti
In Europa i leader indiscussi (finora) sono Mino Raiola e Jorge Mendes. Ma da qualche tempo, grazie anche alla crescita esponenziale del calcio belga la cui Nazionale è diventata la numero uno del ranking Fifa, nel campo del management di calciatori si sta facendo largo la Starfactory, società con sede in Lussemburgo della quale è socio Franco Iovino, ex calciatore e da tredici anni agente Fifa.
Sono suoi i trasferimenti clou dell'estate calcistica: Kevin De Bruyne, passato dal Wolfsburg al Manchester City per 75 milioni di euro, è stato l'affare più costoso dell'anno e il quinto in assoluto della storia, come un altro grande colpo è stato quello di Ivan Perisic dal Wolfsburg all'Inter.
Cosa c'entra tutto ciò con le storie che raccontiamo?
Semplice: Franco è nato in Lussemburgo e risiede in Belgio, ma le sue origini sono di Gualdo Tadino.
Il calcio lo ha avuto sempre nel sangue. Da giocatore era un attaccante brevilineo e veloce (“mi avevano soprannominato Papin, ma c'era un po' di differenza…”) alto 167 centimetri ma capace di andare spesso a segno di testa, anticipando tutti sul primo palo.
Esperienze in B e in C belga, serie C in Francia e due passaggi in Italia, dalle nostre parti precisamente: Nocera e Gubbio, prima di chiudere nella serie A lussemburghese.
Se da calciatore si è tolto le sue soddisfazioni vincendo per due volte la classifica cannonieri in Belgio e Francia, il meglio doveva arrivare una volta appesi gli scarpini al chiodo.
Tredici anni fa diventa agente Fifa e socio della Starfactory, oggi una delle società più importanti nella gestione di calciatori.
Il cognome è meridionale, ma Franco è per metà gualdese per parte materna. E alla città della ceramica è particolarmente legato.
Per molti anni, con la sua famiglia, è tornato a Palazzo Mancinelli per ritrovare parenti e amici e per trascorrere i periodi estivi. Ma sempre con il pallone in testa.
Eccolo quindi prendere parte, insieme all'amicone Walter Gaggioli, ai tornei estivi di Cerqueto e Sigillo con indosso la casacca della “Corsara”, la squadra di Palazzo Mancinelli, oppure al torneo “Renato Curi” con le giovanili del Nocera.
I rossoblù, all'epoca in serie D, vedendo quel ragazzino che col pallone tra i piedi ci sapeva fare, avrebbero voluto tesserarlo. “Avevo 16 anni, era tutto fatto ma il trasferimento saltò per problemi burocratici, così tornai a Liegi.”
In Umbria ci arriverà nella stagione 1992/93 con la maglia del Gubbio in serie D.
“All'inizio abitavo a Gualdo, poi presi un appartamento a Gubbio insieme a Roberto Beni, l'attuale vice di Colantuono all'Udinese.”
Probabilmente la decisione di traslocare la prese dopo che la neve bloccò la macchina dell'amico e collega Mario Baldinelli che lo stava riportando a casa dopo l'allenamento...
Chiude la carriera calcistica nella serie A lussemburghese a 36 anni e subito dopo diventa agente Fifa e socio della Starfactory, così da restare nel mondo del calcio, anche se da dietro una scrivania.
“Una delle prime operazioni fu il trasferimento di Željko Kalac dal Roda al Perugia. In quell'occasione ebbi modo di conoscere Alessandro Gaucci, con cui è nata una bella amicizia e che ritengo una gran brava persona.”
Oggi la Starfactory è una delle società di management di calciatori più importanti del continente. Tra i suoi assistiti ci sono anche il difensore brasiliano Dante (ex Bayern Monaco) e il nazionale belga Tomas Meunier, seguito da Inter e Napoli (“ma probabilmente andrà in Inghilterra o Germania”, ci confida).
I mercati preferiti di Franco Iovino, che parla perfettamente tre lingue, sono il Belgio, la Francia e l'Italia, con una grande capacità nello scoprire giovani promesse. “Domani parto alla volta del Portogallo – ci dice – per seguire l'Under 16 del Belgio. Curiamo gli interessi di cinque giocatori di quella nazionale, oltre a due dell'Under 17 e due dell'Under 19.”
Il Belgio è diventato una fucina di talenti e Iovino riesce a individuarne i migliori, come fece con De Bruyne che faceva parte della sua scuderia sin dai tempi in cui, neanche diciannovenne, militava nel Genk ed era seguito da Genoa, Milan e Sampdoria, ma poi passò al Werder Brema.
“Purtroppo in Italia i giovani hanno poco spazio, per questo i calciatori di prospettiva, per crescere e maturare, preferiscono andare in Inghilterra o in Germania. Il calcio italiano ha una mentalità particolare, gli stadi sono vecchi e non è più particolarmente apprezzato all’estero… Sotto questo profilo deve crescere molto.”
Si avverte una sua certa tristezza nel fare queste affermazioni, perché Franco si sente italiano e gualdese.
“Ho ancora la residenza a Gualdo. A proposito, come va la squadra? Chi è l’allenatore? - chiede - Manco da cinque anni, ma ho intenzione di tornare presto. So che c’è un bellissimo Museo dell'Emigrazione, mi piacerebbe visitarlo. E poi ho una gran voglia di riabbracciare i vecchi amici.”
Magari potrà anche essere l’occasione per dare un’occhiata al settore giovanile gualdese e per dare qualche utile consiglio per la crescita del movimento calcistico nella nostra città.